A Palazzo Morando la moda femminile da fine Ottocento a oggi

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Palazzo Morando – Costume Moda Immagine dal 2010 espone a rotazione una parte delle collezioni di costumi, abiti e accessori acquisiti o donati al Comune di Milano e risalenti a un ampio arco temporale, dal Seicento ai giorni nostri.

In questi mesi è in esposizione la mostra “Momenti di moda. Dal busto alla salopette”, un excursus attraverso la moda femminile dalla fine dell’Ottocento agli anni più recenti.

L’evoluzione dell’abito femminile tra Ottocento e Novecento

Nel corso dell’Ottocento nella moda femminile prevalgono abiti che tendono a definire la figura attraverso forme costrittive e busti rigidi dotati di stecche di balena o di metallo.

Ciò limita fortemente la possibilità di muoversi in modo libero e naturale e modifica il corpo adeguandolo a ideali prestabiliti.

Nei primi decenni del Novecento, nasce dapprima in Inghilterra e si diffonde poi in tutta Europa una nuova esigenza che combatte questo stile antiquato e propone una diversa idea di donna, libera da costrizioni anche fisiche e quindi più attiva.

Sono Mariano e Henriette Fortuny a proporre per la prima volta abiti moderni, senza bustini e corsetti, ispirati all’abbigliamento dell’Antica Grecia e caratterizzati da vesti fluide e morbide, lunghe tuniche plissettate che permettono grande libertà di movimento.

Nasce così il vestito moderno, accanto al quale acquisiscono una nuova importanza gli accessori, come la borsetta, ora necessaria grazie al fatto che gli abiti sono più ridotti e senza tasche, e le scarpe, che per la prima volta, con l’accorciamento delle gonne, sono visibili.

La moda femminile nel Novecento

Negli anni Venti la donna acquisisce un’emancipazione mai conosciuta prima e di conseguenza la moda deve adattarsi alle nuove esigenze, che prevedono la possibilità di fare sport e movimento e di ballare.

Gli abiti si accorciano e mostrano calze e scarpe; i tessuti, utilizzando la tecnica dello sbieco, sfruttano l’elasticità del tessuto usato in diagonale.

Il tutto si traduce in abiti dalla grande vestibilità, tuniche fluide, gonne a godet, a cui si abbinano capelli tagliati alla garçonne e trucco marcato.

Negli anni Trenta e Quaranta, prima la recessione economica, poi la Seconda Guerra Mondiale incidono fortemente sulla moda, per la mancanza di materie prime di qualità e per le difficili condizioni di vita, e portano alla crisi del settore e alla chiusura di molte sartorie, mentre gli abiti sono per lo più improntati al rigore e all’eleganza.

È solo alla fine della guerra e negli anni Cinquanta che la moda ha un nuovo impulso, specialmente a Milano, dove, sul modello di Parigi, vengono creati i primi atelier e case di alta moda e si svolgono le prime sfilate, ponendo le basi dell’italian style e utilizzando materie prime di grande qualità, come la lana piemontese e la seta comasca.

A partire dagli anni Sessanta, a causa degli importanti cambiamenti sociali e ideologici, la haute couture viene sostituita dal prêt-à-porter e gli abiti prodotti in serie, e non più confezionati negli atelier e nelle sartorie, iniziano a essere alla portata di tutti e ad essere venduti nei grandi magazzini.

Nascono così gli stilisti in senso attuale e Milano, negli anni Settanta e Ottanta, diviene la capitale indiscussa della moda Made in Italy.

Le forme non seguono più rigidi dettami e domina la creatività, che porta all’ultima evoluzione dell’abbigliamento ormai completamente informale, la salopette, un capo unisex e libero da convenzioni.

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