Vincolo paesaggistico: che cos’è e come funziona

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Il vincolo paesaggistico costituisce uno strumento utile per conservare le risorse naturali, ambientali, storiche e culturali e dunque preservare la bellezza del territorio.

Esso stabilisce delle restrizioni agli interventi che possono essere eseguiti su proprietà, siano esse terreni o immobili, che risultano sottoposte a vincolo.

Vediamo che cos’è il vincolo paesaggistico e come funziona.

Che cos’è il vincolo paesaggistico

Esso rappresenta una limitazione delle possibilità di costruire su terreni o eseguire variazioni su immobili che abbiano un particolare valore storico, artistico o naturalistico.

Per poter realizzare delle costruzioni su un terreno vincolato oppure per poter effettuare lavori di ristrutturazione su edifici sottoposti a vincolo, è necessario richiedere e ottenere una specifica autorizzazione.

Il vincolo paesaggistico rappresenta dunque una forma di tutela di luoghi o aree di notevole valore e interesse rispetto a interventi edilizi e infrastrutturali che potrebbero comprometterne l’integrità.

Esso è stato introdotto con la Legge n. 431 del 4 agosto 1985 e poi integrato nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, ossia il Decreto Legislativo 42/2004.

Questi strumenti hanno individuato le aree che sono soggette a salvaguardia, tra cui: territori costieri marini e lacustri, parchi e riserve naturali, fiumi e boschi, rilievi montuosi, bellezze panoramiche, aree ed edifici di valore artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico.

Come funziona il vincolo paesaggistico

Innanzitutto, per verificare se vi sono vincoli paesaggistici su una proprietà, è possibile consultare i piani urbanistici locali, effettuare ricerche in specifiche banche dati oppure contattare la Soprintendenza competente.

Dato che il vincolo stabilisce delle restrizioni sulla possibilità di modificare questi luoghi da parte dei proprietari, qualora si voglia intraprendere un progetto edilizio o effettuare dei lavori di ristrutturazione, è necessario richiedere all’ente locale, Comune o Regione, un’autorizzazione, per la quale è vincolante il parere della Soprintendenza ai Beni Paesaggistici e Ambientali.

La domanda di autorizzazione deve includere la documentazione relativa al bene in oggetto, la descrizione del suo stato, gli elementi di valore paesaggistico, la tipologia di opera proposta e la mitigazione necessaria.

L’amministrazione valuta poi la conformità alle prescrizioni e la compatibilità dell’intervento con valori e qualità del luogo e inoltra la proposta di autorizzazione alla Soprintendenza.

A seconda del tipo di intervento, esistono tre diversi procedimenti, ossia:

– l’intervento libero, per le opere che non modificano la struttura del territorio o dell’immobile e che prevedono soltanto il titolo edilizio, ma non l’autorizzazione paesaggistica;

– l’autorizzazione semplificata, per le opere di minima entità;

– l’autorizzazione ordinaria, per i lavori di maggiore impatto che richiedono una valutazione più approfondita.

Una volta ottenuta l’autorizzazione paesaggistica, essa è valida da subito e ha una durata di 5 anni, dopo i quali è necessario ottenere un nuovo permesso.

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