A cura dell' Ing. Alessandro Negrini
In termini più semplici, i ponti termici possono essere descritti come i punti più deboli nell'architettura perimetrale di un edificio (es. un appartamento, una rimessa, un capannone ecc.) relativamente alla sua capacità di separare in modo efficace l'esterno dall'interno.
Secondo la termocinetica, ossia la branca della fisica che studia la propagazione del calore, un ponte termico è caratterizzato sia da un aumento della trasmittanza termica che dalla registrazione di temperature superficiali interne anomale, non di rado vicine al punto di rugiada del vapore acqueo normalmente presente nell'aria.
Da cosa derivano e dove si riscontrano i ponti termici?
Le cause all'origine di un ponte termico possono essere molteplici: nelle strutture di nuova costruzione (civile o industriale), il problema può essere legato a difetti nella progettazione, nella realizzazione delle opere e/o nella scelta dei materiali di capitolato; nelle costruzioni più vecchie, si sommano le usuali criticità imputabili al trascorrere degli anni e i naturali fenomeni di assestamento dell'edificio.

Con ciò, nel corso di un esame visivo diretto e in assenza di attrezzature più sofisticate, è possibile individuare uno o più ponti termici:
- all'intersezione tra le pareti perimetrali e il solaio (sia esso di piano o di copertura);
- in corrispondenza dei pilastri d'angolo, se inadeguatamente isolati;
- in prossimità dell'attacco dei serramenti (spallette, architrave, davanzale);
- a terra, a diretto contatto con la fondazione.
Altri e più approfonditi esami possono essere condotti per valutare il rendimento energetico di un edificio, ovvero per acclararne la qualità costruttiva nel complesso, benché la termografia ad infrarossi sia, al momento, la tecnica maggiormente adottata per accertare la diffusione e l'estensione delle criticità legate ai ponti termici, prima di pianificare un possibile intervento di risanamento e/o di ristrutturazione.
Come si può intuire, un ponte termico è il sintomo di una condizione di precarietà funzionale dell'elemento strutturale coinvolto che, via via, peggiora la propria capacità di trattenere il caldo in modo efficace, con un impatto diretto sui consumi energetici (bollette più care) e sui costi di manutenzione.
- inibisce progressivamente le superfici interne, minandone l'integrità e - infine - contribuendo a rovinare gli impianti presenti sottotraccia;
- favorisce la formazione di macchie e di muffe, nonché l'eventuale distacco dell'intonaco, delle mattonelle e/o dei decori interni;
- riduce ulteriormente la resistenza termica, avviando un ciclo pernicioso di peggioramento delle anomalie;
- degrada le condizioni micro-climatiche degli ambienti interessati dal fenomeno, con possibili conseguenze a medio-lungo termine sulla loro salubrità per persone e animali da compagnia.
Il fenomeno, se ignorato e lasciato fuori controllo, può propagarsi negli anni all'interno di un intero stabile fino comprometterne l'abitabilità, a meno di non intraprendere estesi lavori di risanamento.
Senza raggiungere simili estremi, si può stimare che un edificio in classe energetica G (la peggiore) comporti oneri all'incirca 18-20 volte superiori a quelli necessari per il mantenimento di una struttura in condizioni d'eccellenza.
Ponti termici e Micro-Clima
L'efflorescenza delle muffe, oltre a produrre il deterioramento delle finiture dell'immobile, può propagarsi anche all'arredamento - con particolare riguardo a tutti i materiali porosi, ossia in grado di trattenere l'umidità (es. pavimenti in parquet, mobili in laminato e/o MDF, tendaggi in stoffa, divani imbottiti, tappeti ecc.) - e a varie tipologie di oggetti (es. carta da parati, libri, fotografie, giocattoli o accessori in peluche ecc.).
Con ciò, bisogna comunque osservare che il rischio di condensa superficiale e il rischio di formazione di muffa non sono sempre strettamente vincolati: le fluttuazioni della temperatura interna non sono quindi l'unico fattore che possa determinare il fenomeno della muffa, ma si tratta - piuttosto - di una concomitanza di concause, tra cui spiccano in modo determinante il tasso di umidità (es. superiore all'80%), la cattiva ventilazione e la disponibilità di sostanze "nutrienti", legata anche alla tipologia dei materiali (es. maggiore o minore igroscopicità).
Come si accennava in precedenza, l'umidità costituisce un fattore peggiorativo primario per il comfort abitativo di persone e animali da compagnia; soprattutto, ne risulta compromesso il micro-clima interno alla struttura (qualità dell'aria): un ambiente caratterizzato dall'accumulo di muffa e condensa, infatti, favorisce l'irritazione di occhi e cute, nonché l'insorgenza di allergie, ovvero di affezioni dell'apparato respiratorio, quali asma e bronchite cronica.
Queste criticità diventano ancor più rilevanti nel momento in cui la struttura è destinata ad uso lavorativo (es. un ufficio, un negozio ecc.) e/o socio-sanitario (es. un ambulatorio, un asilo ecc.), tramutandosi in fonti di rischio che la Legge impone di valutare e risolvere.
BIBLIOGRAFIA
- D.Lgs. 26 giugno 2015, "Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici";
- Lanzoni, D., "Il quadro normativo nel settore della termografia", 2011;
- UNI EN ISO 10211, "Ponti termici in edilizia. Flussi termici e temperature superficiali";
- UNI/TE 11300-1/4, "Prestazioni energetiche degli edifici";
- UNI EN 13187, "Prestazione termica degli edifici - Rivelazione qualitativa delle irregolarità termiche negli involucri edilizi - Metodo all'infrarosso";
- UNI EN ISO 14683, "Ponti termici nelle costruzioni edili. Trasmittanza termica lineare".